Muestra
  • Maestri d'Oriente e cani d'Occidente

  • De: Zap Mangusta
  • Narrado por: Zap Mangusta
  • Oct 26 2021
  • Italiano
  • Duración: 27 mins
  • Podcast

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Maestri d'Oriente e cani d'Occidente

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  • Resumen

  • Capitolo VI - Schopenhauer

    Perché abbiamo bisogno di Schopenhauer oggi? Perché ci apre gli occhi. Ci dice che la vita non è come il Carnevale di Rio e nemmeno come un fetta di Sacher torte. Lo sarebbe se non fossimo perseguitati dalle ambizioni della Volontà e del nostro Io. Che lui però ci suggerisce come tenere al guinzaglio. Come? Con l'amore per l'arte. Con la scoperta del silenzio e della meditazione. E soprattutto attraverso l'amore per gli altri. E poi dobbiamo essergli grati, perché scrive in maniera sublime e ci tira su anche quando ci butta giù. Quindi dobbiamo seguirlo anche perché, dopo tanti anni, sarebbe proprio bello dargli la soddisfazione che si merita: quella di avere più seguaci di quel trombone tronfio ed iper-ottimista di Hegel!

    Episodio 7 - Maestri d'Oriente e cani d'Occidente

    Schopenhauer scopre, per primo, il ritmo primordiale dell'istinto. Le sue riflessioni spalancano la porta, in Occidente, alle suggestioni della spiritualità orientale. Il debito che Schopenhauer contrae con la filosofia orientale è infatti enorme. I filosofi successivi cercheranno di estinguerlo. Nietzsche su tutti. Ma ahimè, inutilmente. Il fatto è che noi occidentali abbiamo sempre presuntuosamente sottovalutato le altre culture, tra queste anche e soprattutto la cultura orientale.

    Se fossimo un po' meno provinciali e meno occidento-centrici sapremmo che anche Pitagora è stato un brillante allievo dei saggi indù. Insieme ad Empedocle, Eraclito e chissà quanti altri. Arthur incontra l'Oriente negli anni giovanili e ne rimane affascinato. Con quella filosofia instaura un rapporto costruttivo che durerà più di quarant'anni. Arthur non smetterà mai infatti di proclamare, durante l'arco di tutta la sua esistenza, una straordinaria affinità tra la sua filosofia e il pensiero indiano (Induista e Buddhista), un'affinità della quale si mena vanto, anche perché è convinto che conferisca alla sua dottrina un'aura di saggezza e di verità.

    La stessa che curiosamente attribuisce agli animali, in particolare ai cani. Li giudica più autentici. Ritiene che in loro il fenomeno della vita sia saldamente ancorato a quello dei principi naturali. E che questo li renda più semplici e più felici di noi, non solo perché non hanno coscienza della morte, ma perché non devono allestire nessuna "difesa intellettuale", diventando subdoli e bugiardi. Per questo chiama il suo adorato barboncino Brahman, con l'appellativo di Mensch (uomo) solo quando lo vuole rimproverare. Li rispetta, perché gli animali, secondo Schopenhauer, hanno una percezione più diretta della realtà, vedono il mondo esattamente com' è. Si spinge a dire che ogni animale è un essere più "spirituale" di quanto non lo sia l'essere umano. Chissà forse perché li tiene davvero in gran considerazione o perché non aveva in gran simpatia i suoi simili.

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