Nella pancia, sulla schiena, tra le mani
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Narrado por:
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Viola Graziosi
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De:
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Rossella Milone
Acerca de este título
«La pancia del paguro è un’opera d’arte. Si è inventato un addome molle e asimmetrico, che gli permette di volta in volta, di conchiglia in conchiglia, di adattarsi al nuovo spazio, con appendici addominali modificabili che gli consentono di far aderire saldamente il corpo al guscio. Il paguro lo fa. Noi lo facciamo. Noi siamo paguri. Con la differenza che al posto di un addome molle e di chele abbiamo apposite estremità – due piedi, due mani, una schiena, una pancia – che ci guidano. Che ci insegnano. Che ci permettono di creare i luoghi dove conosciamo gli altri e il mondo». La pancia: c’è qualcosa di affascinante nella pancia. Parla, sussulta, si muove, chiama, chiede attenzioni. C’è qualcosa di doloroso nella pancia.
La pancia è un’imposizione. Rievoca qualcosa di antico che non si può ricordare, che pure conserva qualche cicatrice sottesa – la sensazione di un viaggio, lo shock dell’espulsione – obbligandoti a un legame non scelto, irrinunciabile. Forse per questo amiamo così tanto poggiarci sopra una mano, quando si dorme. Per chiudere la serratura, per far finta di ritornare dentro. La schiena: la schiena è una bagagliaio dove si appoggia tutto e tutto diventa pesante. Come gli asini portiamo pacchi e valigie. Le nostre schiene sono dei vagoni merci, trasportano informazioni, comandi, esigenze, roba.
È nella schiena che tutto deve passare. E se nell’intricato bosco di nervi e bulbi sorgono ostacoli – traumi, lavori in corso, smottamenti che bloccano il passaggio – il resto del corpo non sa cosa fare, impazzisce, si ferma. E un corpo immobile muore. I piedi: i piedi sono le nostre scarpe migliori. Dai loro punti deboli e da quelli forti dipende il nostro equilibrio, la loro forza è la nostra forza. Sono lì sotto a tenerci, come ci manterrebbe una corda. La colla che ci unisce al mondo. Più sono nudi meglio ci sentiamo. Creiamo le scarpe per poi liberarcene. Inventiamo trappole da cui vogliamo uscire.
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