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La caduta dei Golden
- Narrado por: Gianni Volta
- Italiano (Estándar)
- Duración: 15 horas y 25 mins
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Resumen del editor
"Nel giorno dell'investitura del nuovo presidente, quando noi temevamo che potesse essere assassinato mentre camminava mano nella mano con la sua eccezionale consorte tra ali di folla acclamanti, e quando tanti di noi erano sull'orlo della rovina economica a seguito dell'esplosione della bolla dei mutui, e quando Isis era ancora una divinità-madre egizia, un ultrasettantenne re senza corona arrivò da un paese lontano a New York con i suoi tre figli senza madre per prendere possesso della sede del suo esilio, fingendo che non ci fossero problemi nel suo paese, nel mondo o nella sua storia personale." Salman Rushdie torna a raccontarci una nazione e il nuovo secolo con la forza evocativa e la leggerezza ammaliante del grande scrittore che si muove con disinvoltura tra le luci cinematografiche di una realtà fatta di riflettori e finzioni, e i sortilegi di un mondo antico che conosce fin troppo bene.
Il suo protagonista di chiama Nero Golden, è basso, perfino tozzo, con i capelli tinti tirati all'indietro ad accentuare il suo picco del diavolo, ha occhi neri e penetranti, avambracci da lottatore, terminanti in grosse mani pericolose, cariche di massicci anelli d'oro tempestati di smeraldi. Suona il violino, ha il culto dell'antica Roma e vive nella lussuosissima "Golden House", una Domus Aurea piazzata nel centro del Greenwich Village. Nerone, imperatore megalomane e paranoico, è il suo modello, e noi siamo avvertiti: qualcosa prima o poi brucerà.
Salman Rushdie, l'angloindiano che vive a New York, ci racconta una storia fatta di figli predestinati e sfortunati, amori intriganti, segreti e confessioni inattendibili. Ci racconta la New York degli oligarchi russi, il terrorismo, le fake news e la finzione che vince a mani basse sulla realtà, l'ascesa di un presidente mitico e di un miliardario che assomiglia tanto alle caricature cinematografiche. E ci trascina davanti a un vertiginoso interrogativo: quando il confine tra la pagina e il palcoscenico è superato, siamo sicuri di saper ancora distinguere tra una fantasia pericolosa e la realtà deviata?